venerdì 20 luglio 2007

Recensione: Crash - Contatto fisico


TITOLO ORIGINALE
: Crash
NAZIONE: USA
GENERE: Drammatico
DURATA: 117 min.
DATA DI USCITA: 2005
REGIA: Paul Haggis
CAST: Don Cheadle, Sandra Bullock, Matt Dillon

Crash è un film dove, nell'universo espanso e composito di Los Angeles, tutti si scontrano con tutti: bianchi contro neri, neri contro cinesi, portoricani contro persiani, mariti contro mogli, genitori contro figli, poliziotti contro poliziotti, dove ognuno parla una sua lingua "barbara" e approssimativa rivendicandola come americano, dove ognuno è solo, isterico e guardingo e dove ti trovi a salvare la vita di qualcuno che il giorno prima hai umiliato o a uccidere qualcuno a cui hai salvato la vita. Si ruba per necessità. si uccide per caso, ci si lascia corrompere per rassegnazione. I rapporti, anche quelli più intimi, sono esplosi; ogni personaggio vive nella sua "bolla", che solo casualmente collide e magari si fonde con un'altra. La frase che apre il film, del detective Graham - nero - che si è appena scontrato con l'auto di una cinese e che, come dice la sua compagna latino-americana, ha perso per un momento la realtà, è esplicita: "il contatto fisico. In una città vera si cammina, sfiori gli altri, sbatti contro la gente. Qui a Los Angeles non c'è contatto fisico con nessuno. Stiamo tutti dietro vetro e metallo. Il contatto ci manca talmente che ci schiantiamo contro gli altri per sentirne la presenza". In Crash che è sinuoso e avvolgente come un film di Altman e "umanistico" come un film di Eastwood, ognuno "violenta" qualcun altro non solo perchè ne ha paura o perchè è stasto appena maltrattato da un funzionario nero o da un'infermiera bianca, ma soprattutto per "sentirlo" e per sentirsi, in qualche maniera, vivo. Anche se poi la vita vera la "senti" soltanto quando la restituisci, liberando una donna dal rottame di un'auto o dicendo una frase d'amore a qualcuno a cui non l'hai detta da troppo tempo. L'unico difetto del film di Haggis è che finisce, forse, per sembrare troppo "buono". Ma questa è una conseguenza della sua logica narrativa: non ci sono buoni e cattivi, c'è solo quello che il Caso detta alle nostre nevrosi, nel bene e nel male. Alla fine, quando tutto sembra essersi ricomposto, un nuovo tamponamento e tutto ricomincia, con le inevitabili "casualties of war". Una guerra quotidiana che riguarda tutti, non solo a Los Angeles, ma anche nelle città in cui si cammina e ci si sfiora.

VOTO: 9

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