martedì 14 agosto 2007

Recensione: Manuale d'amore 2


NAZIONE: Italia
GENERE: Commedia
DURATA: 120 min.
DATA DI USCITA: 2007
REGIA: Giovanni Veronesi
CAST: Sergio Rubini, Carlo Verdone, Riccardo Scamarcio, Claudio Bisio, Fabio Volo, Antonio Albanese


Il seguito del fortunatissimo Manuale d'amore vive essenzialmente di corpi. Verdone, Rubini, Bellucci, Scamarcio, Bisio, Albanese, Bobulova, Volo bastano a legittimare l'operazione. A non sentirsi traditi dopo aver sborsato 7 euro e mezzo. Possono bastare. Se poi ci aggiungiamo una bella canzone, Eppure sentire, cantata da Elisa e l'hit della stagione, Sei nell'anima di Gianna Nannini, può persino diventare pleonastico impegnarsi a scrivere quattro soggetti dignitosi per altrettanti episodi che, in teoria, avrebbero dovuto rinvedire la gloriosa tradizione del nostro cinema a episodi. Perché questo è il punto: tra product placement, brani da iPod, star vere e presunte, fotografie erotiche strappate ai frame di una scena annunciata bollente centellinate ai giornali per creare abilmente l'attesa, chissenefrega di costruire copioni che abbiano voglia di rielaborare (in grottesco, in cinismo, in politicamente scorretto) temi di strettissima attualità, Tra l'altro, si fa per dire. Perché come gli accade sovente da un quarto di secolo a questa parte, il cinema italiano arriva sempre un secondo dopo l'evolversi della realtà, senza più precederla, al massimo correndole accanto. E così, ecco la Spagna di Zapatero trionfare come approdo sicuro per fecondazioni assistite e matrimoni gay. Ecco l'Italia che vediamo tutti i giorni nei Tg. Che la commedia all'italiana sia ammalata lo conferma il fatto che Manuale d'amore 2 vive le sue emozioni quasi sempre negli ospedali. La fisioterapista Bellucci (d'imbarazzante staticità) massaggia i dolori del giovane Scamarcio in un nosocomio dove spunta il cameo di Fiorello e nulla più (e la strombazzatissima scena pepata è un'incredibile sola). La coppia sterile Volo-Bobulova plana su Barcellona per aggirare le vaticaniste leggi italiane e nelle modernissime stanze di una clinica solo la verve di Barbora scalda il gelo creato dalla pochezza di idee dei tre sceneggiatori (Giovanni Veronesi, Ugo Chiti, Andrea Agnello). A un Carlo Verdone di puro mestiere viene addirittura un infarto, per abuso di viagra e presunzione; e il suo addio non può che consumarsi parallelamente agli sos che il suo elettrocardiogramma generosamente gli suggerisce. Il capitolo migliore è senza dubbio quello che vede Sergio Rubini e Antonio Albanese coppia omosessuale in procinto di convolare a provocatorie nozze. Qui le situazioni, le battute, il lavoro dei due attori (ma anche di Gea Lionello), le riprese in steady dell'operatore, e la sorprendente imitazione di un E.T. prima nostalgico quindi gayo, riescono a sintonizzarsi su una felice sintesi, da episodio vero, da piccolo film centrato e concentrato. La cornice, lasciata alla calda voce del dj Claudio Bisio, fa rimpiangere il Francesco Nuti di Stregati e il colpo di scena che lo sconquassa alla fine è proporzionale all'ovvietà di molta parte del girato. Il Veronesi regista è innamorato (la sua Valeria Solarino scende da un taxi e sorride alla camera), persino poeticamente impegnato (il finale sotto le lenzuola), ma deve sforzarsi di più. Inutile rimpiangere i Risi e i Comencini, i Flaiano e gli Age e Scarpelli, i Gassman e gli Ugo Tognazzi se poi ci si accontenta esclusivamente di corpi capaci di emanare effluvi di un glamour alla "Diva & Donna", e solo quelli.

VOTO: 5

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